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Geologia e architettura


Grammichele, aerial shot with DJI mini2


A volte ci sono paesi che stupiscono inaspettatamente. Non compaiono nelle rassegne dei borghi più belli, né fra le destinazioni consigliate dei blog di viaggio. Però ti lasciano la sensazione di aver conosciuto un luogo speciale; ti lasciano qualcosa, una storia diversa da raccontare e il ricordo di persone che ti hanno preso in simpatia dal primo momento.


A Grammichele, città di 12 mila abitanti in provincia di Catania, un grande terremoto è stato il promotore di un singolare esperimento architettonico.


Un borgo “fossile” sorge a pochi chilometri dall’abitato, con le macerie ancora lì a coprire tutto quello che è stato: case, corpi e ricordi. Questo borgo era la vecchia Grammichele e si chiamava Occhiolà, un centro di circa 3 mila abitanti distrutto nel 1693 e mai più ricostruito. Tra il 9 e l’11 gennaio di quell’anno accaddero una serie di scosse sismiche che la trasformarono in un cumulo di macerie.


Attraversando ciò che resta di Occhiolà si sente un sentore d’abbandono nell’aria. Un paese in posizione dominante, come San Marino, è stato ridotto in file di pietre fra cui crescono ferula, artemisia e falso pepe.


Come dev’essere stato, ci siamo chiesti, assistere a questo disastro? Nel giro di poche ore guardare il paesino che chiamavi casa e vedere gli edifici crollati, le sorgenti secche, gli animali impazziti. Quanti corpi rimarranno ancora sotto le macerie?


Abbiamo visitato quest’area archeologica in compagnia di Loredana Fragapane, presidentessa della sezione locale di siciliantica regionale e dell’associazione archetipo. Con entusiasmo e passione racconta agli ospiti la storia di questo paese.


Nei giorni successivi alla catastrofe gli abitanti chiesero aiuto al principe di queste terre, Carlo Maria Carafa Branciforte.


Il principe era un sovrano saggio ed erudito. Rispose alla richiesta di aiuto e decise di donare parte del territorio per ricostruire Occhiolà a pochi chilometri di distanza, su terreno pianeggiante. Incaricò l’architetto Michele da Ferla di progettarla con pianta esagonale, in parte ispirata a una ricerca della perfezione sulla base del numero sei. La città fu divisa in sei settori da sei strade principali. Delle piazze ampie sarebbero servite per radunare gli abitanti in caso di terremoti.


Nei dettagli di Grammichele si trovano molteplici riferimenti alle discipline che stavano a cuore al principe: matematica, astronomia e, secondo alcuni, esoterismo. Diversi appassionati hanno interpretato i simboli nascosti nella pianta della città. Provate a fare una breve ricerca. C’è persino chi ci intravede la coppa del Sacro Graal.


Grammichele, insieme ad Avola e la città friulana di Palmanova, è tra i rari esempi nel mondo di città a pianta esagonale. Quest’esempio mostra come la geologia, nella storia, non sia stata solo fonte di distruzione, ma anche una spinta a ricostruire e innovare.



Occhiolà, Sito Archeologico distrutto durante il terremoto Val di Noto 1693

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