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Geologia e città: il caso di Ragusa


Ragusa Ibla

Tutti ci dicevano: “Questa è la parte meglio tenuta di Sicilia”.


È vero, c’è qualcosa di speciale qui. Arrivando a Ragusa notiamo una cura per lo spazio pubblico che ancora non avevamo visto. Il suo centro, Ibla, è un vero gioiello, con le chiese sfarzose e i giardini decorati, tutto racchiuso tra valli incise nella roccia calcarea, a loro volta armoniose e poco costruite.


Ci siamo resi conto che non basta avere un patrimonio culturale, bisogna anche saperlo curare. E quali sono gli ingredienti segreti della cura riscontrata in questa zona di Sicilia? Probabilmente molti, ma qui ne abbiamo identificati due. Due grandi eventi in cui, anche questa volta, c’è lo zampino della geologia.


Prima il terremoto del 1693 che ha portato tanta distruzione da spronare la classe dirigente a ricostruire le città al meglio. Nel 2002, Ragusa e altre sette città sono state insignite del titolo “patrimonio mondiale dell’UNESCO” in quanto città tardo barocche del Val di Noto, esemplari unici d’arte architettonica.


Poi lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio. Dagli anni ’50 in poi il comune di Ragusa ha ricevuto milioni di euro l’anno di royalties, i compensi versati delle aziende petrolifere alla regione e ai comuni interessati. Questo ha permesso di investire sulla manutenzione pubblica. A Ragusa il risultato è più evidente che a Gela, l’altro comune siciliano dove fino a poco fa si estraeva l’oro nero.


I dati degli ultimi anni, tuttavia, riflettono un calo di produttività a livello regionale. Ora i prezzi del petrolio sono alle stelle, ma questi giacimenti stanno per esaurirsi. Antonio Martini, il dirigente generale del dipartimento Energia della Regione, ha fatto sapere che i pozzi petroliferi saranno presto abbandonati.


E come sarà Ragusa quando non ci saranno più le royalties? Siamo pronti a passare alle energie rinnovabili? Con queste domande in testa, ci avviamo verso Modica.



Giardino Ibleo di Ragusa

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