
“….chi vi arriva dall'interno se la trova d'un tratto ai piedi, festosa di tetti ammucchiati, di gazze ladre e di scampanii; mentre chi vi arriva venendo dal non lontano litorale la scorge che si annida con diecimila finestre nere in seno a tutta l'altezza della montagna, tra fili serpeggianti di fumo e qua e là il bagliore d'un vetro aperto o chiuso, di colpo, contro il sole.”
Elio Vittorini - Le città del mondo
Noi a Scicli ci arriviamo dall’interno, lungo stradicciole che cingono gli oliveti e gli ampi terreni costellati di mandorli e carrubi. Incontriamo un simpatico allevatore che si ferma a parlare e finisce per definirci “due incontri impossibili”: una coppia del nord, a piedi per tutta la Sicilia.
File di colline accompagnano i torrenti verso mare e noi avanziamo con loro. Poco prima dell’abitato stacchiamo dagli alberi arance dolci che mangiamo camminando. Con gli zaini che ondeggiano, le schiene sudate, muoviamo i primi passi nella città, quell’agglomerato di chiese, case e tetti che hanno lo stesso colore della roccia su cui poggiano.
È una città bellissima, incavata nella montagna, sorta nel punto di confluenza di tre vallate, a pochi chilometri dal mare. Siamo saliti alla chiesa di San Matteo e abbiamo visto tutta l'estensione della città dall'alto.


Scopriamo il quartiere Chiafura.
Che cos’è questo quartiere arroccato sopra la città moderna, con strade e caverne coperte di vegetazione?
Uno potrebbe pensare che si tratti di una necropoli dell’età del bronzo o di un quartiere medievale disabitato da secoli.
Invece in queste grotte ci abitavano fino a metà del ‘900, quando vari intellettuali, tra cui Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini, vennero a Scicli per prendere atto delle miserabili condizioni degli abitanti di Chiafura. Questi vivevano in spazi stretti e sporchi, spesso a contatto con animali, in una maniera non dissimile da quella dei loro antenati bizantini.
Per questioni di igiene e sicurezza il quartiere venne fatto abbandonare. Ora è cinto da muri e un’entrata alla base resta chiusa per la maggior parte del tempo.
Però, se vuoi andare a sbirciare dentro abbiamo una dritta per te: basta salire alla chiesa di San Matteo, proseguire fino ai resti del castello e poi scendere dall’alto lungo il sentiero che lo attraversa.