A Santa Cristina di Gela ci sentiamo per la prima volta nella Sicilia interna. I paesi sono arroccati sulle colline e le montagne ricordano le pareti rocciose delle Alpi.

Per le strade del borgo, famoso per fare il miglior cannolo di Sicilia, si può ancora sentire parlare arbëreshe, una lingua derivata dall’albanese antico.
Questa piana era disabitata fino al XV secolo. Venne colonizzata dagli albanesi in fuga dal loro paese a causa dell’avanzata degli Ottomani. Mentre erano cerca di un posto da chiamare casa, si fermarono ai piedi del monte Pizzuta per riposare. I loro sacerdoti trasportavano un’immagine sacra che, riposta per poco tempo sopra una roccia, vi lasciò un’impronta. Questo venne interpretato come un segno divino e decisero di stabilirsi.

Da quel punto, commemorato da una chiesa, saliamo al monte Pizzuta, attraversando pinete ed esplorando grotte calcaree. In cima ammiriamo un paesaggio stupendo, con vista fino al mare. I monti dell’interno sembrano susseguirsi come tante gobbe di animali addormentati, ognuno con la sua storia, che non vediamo l’ora di svelare nei prossimi giorni.
